Perdonare o proteggere sé stessi?
- Francesca Andrea Raimondo
- 21 ott 2024
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 23 gen
Il perdono è uno degli atti più nobili che possiamo compiere. Quando perdoniamo qualcuno, lasciamo andare il rancore e ci liberiamo da un peso che ci opprime. È un gesto di grande forza, perché richiede di mettere da parte l’ego ferito e cercare di comprendere l’altro, accettando che l’errore fa parte della condizione umana.
Ma non sempre il perdono è la strada giusta da percorrere. Esistono situazioni in cui, per proteggere e amare se stessi, è necessario non perdonare, almeno non subito o non completamente. Non perdonare può essere un atto di rispetto verso il proprio dolore, una dichiarazione di dignità, una difesa contro chi continua a ferirci senza mostrare reale pentimento o volontà di cambiamento.
Perdonare non significa dimenticare o permettere a qualcuno di continuare a ferirci.
Ci sono momenti in cui mantenere una distanza, riconoscere un confine invalicabile, è essenziale per il proprio benessere e per preservare l’amore che abbiamo per noi stessi. Non è un segno di debolezza o di egoismo, ma di consapevolezza dei propri limiti, del valore della propria serenità e della necessità di prendersi cura del proprio cuore.
In questi casi, scegliere di non perdonare non è sinonimo di portare rancore o di vivere nell’odio. È una scelta di protezione, una presa di responsabilità verso la propria vita e la propria felicità. Scegliere di non perdonare, o di farlo solo quando si è veramente pronti, non ci rende meno compassionevoli, ma ci insegna che l'amore verso se stessi è la base di ogni relazione sana.
Perdonare è importante, ma lo è anche imparare a riconoscere quando, per il bene del nostro equilibrio interiore, il perdono non è la risposta immediata. Amare se stessi significa anche imparare a dire "no" a chi ci ha feriti profondamente, senza sentirsi in colpa per la propria scelta di protezione.


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